I rischi legali degli affiliati nel franchising: quali sono e come prevenirli
Il franchising è una tipologia contrattuale sempre più utilizzata nella distribuzione commerciale di prodotti e servizi, ed offre molti vantaggi, sia alle imprese franchisor che agli affiliati in franchising (franchisee). Ma il franchising può presentare agli affiliati in franchising anche notevoli rischi di tipo legale, che si tramutano in rischi di tipo economico, dato che l’affiliato in franchising è considerato giuridicamente come un imprenditore soggetto al rischio d’impresa, e non come un consumatore.. Buona parte di tali rischi derivano dalle clausole onerose che sono inserite nei contratti standard predisposti dal franchisee, che non sono regolate dalla L. n. 129/2004 (e quindi sono legittime, se accettate dal franchisee). Tali rischi possono essere in buona misura evitati con una adeguata consulenza legale preventiva, prima che venga sottoscritto il contratto di franchising. Spesso infatti il contenzioso non rappresenta una valida soluzione per gli affiliati in franchising.
1. Il franchising: un contratto che ha molti vantaggi per gli affiliati, ma potenzialmente rischioso
Il franchising è una tipologia contrattuale sempre più utilizzata nella distribuzione commerciale di prodotti e servizi, ed offre molti vantaggi, sia alle imprese franchisor che agli affiliati in franchising (franchisee). Ma il franchising può presentare agli affiliati in franchising anche notevoli rischi di tipo legale, che si tramutano in rischi di tipo economico.
Nella mia esperienza di oltre 20 anni nel franchising, ho purtroppo assistito a numerosi casi di franchisee che hanno subìto gravi danni e perdite dopo essersi affiliati a una rete in franchising, per una serie di motivi che analizzeremo in questo articolo.
D’altra parte, chi conosce la realtà del franchising – come chi scrive – sa bene che le reti in franchising sono spesso caratterizzate da una elevata conflittualità al loro interno, che sfocia spesso in contenziosi con gli affiliati; anche se generalmente tali contenziosi non emergono all’esterno, e dunque gli affiliati ne sono ignari (abbiamo trattato questo argomento in un altro articolo)
Molti franchisee si sono rivolti al mio studio chiedendo di essere tutelati dal punto di vista legale, il che non sempre purtroppo è possibile o opportuno, talvolta per ragioni addebitabili allo stesso franchisee; che, per esempio tarda molto, spesso troppo, a rivolgersi a un legale.
La verità è che mai come nel franchising è meglio (anzi, molto meglio) prevenire, anziché curare.
In altri termini, per gli affiliati in franchising è di gran lunga preferibile prevenire i rischi a cui possono andare incontro entrando a far parte di una rete in franchising, anziché cercare di risolvere i problemi quando questi nascono. Infatti, spesso il contenzioso non rappresenta una valida soluzione per gli affiliati (anche di questo argomento ci siamo occupati approfonditamente in un altro articolo)
Ma andiamo con ordine, analizzando:
- quali sono i principali rischi legali che corre un affiliato in franchising;
- perché la legge n. 129/2004 sul franchising non tutela sufficientemente l’affiliato;
- come è possibile per i franchisee tutelarsi, in un’ottica preventiva, in modo da evitare o comunque limitare i rischi derivanti dall’affiliazione a una rete in franchising.
2. Il franchisee rischia in proprio come ogni altro imprenditore
Anzitutto, occorre evidenziare in linea generale che un affiliato in franchising, nonostante faccia parte di una rete in franchising, essendo legato da un rapporto contrattuale con il franchisor (a sua volta titolare del marchio e della rete), è considerato dal punto di vista giuridico un imprenditore. In altri termini, il rapporto che lega un affiliato in franchising al franchisor è un rapporto tra imprenditori (B2B), non tra un imprenditore e un consumatore (B2B); l’affiliato in franchising non è infatti considerato un consumatore e conseguentemente non è tutelato dal Codice del Consumo.
Ciò significa che l’affiliato in franchising è esposto al rischio di impresa come qualunque altro imprenditore commerciale. Dunque – contrariamente a quanto spesso gli affiliati pensano o credono – un affiliato in franchising non ha nessuna garanzia di successo o di redditività per il fatto di essere entrato a far parte di una determinata rete in franchising.
Certo, un affiliato ha una (più o meno ragionevole) aspettativa che, entrando a far parte di una rete in franchising, la sua attività avrò un certo successo; ma si tratta di una aspettativa che non ha basi legali, in quanto non vi è alcuna garanzia di risultato, giuridicamente rilevante, in favore dell’affiliato.
In particolare, un affiliato non ha in realtà nessuna garanzia neppure nel caso in cui il franchisor gli abbia prospettato un guadagno più o meno certo, nella pubblicità o in un business plan. Su questo argomento mi sono già soffermato in un altro articolo, al quale rimando. Qui mi limito a ricordare che in caso di scostamento, anche rilevante rispetto a quanto indicato nel business plan non sorge responsabilità in capo al franchisor, se non in casi rari e marginali; tale circostanza può rilevare solo come pubblicità ingannevole in capo al franchisor, e in quanto tale può esporlo a sanzioni da parte dell’AGCM (non a responsabilità nei confronti del franchisee).
Gli affiliati in franchising non hanno dunque nessuna garanzia di risultato, cioè nessuna garanzia di guadagno, per il fatto di aderire a una rete, anche se hanno pagato (come quasi sempre accade) una entry fee al franchisor, magari anche onerosa, e corrispondono (come spesso accade) royalties periodiche al franchisor.
Gli affiliati, avendo sottoscritto un contratto di franchising, hanno solo diritto che il franchisor conceda loro in licenza d’uso il marchio (valido) di cui lo stesso è titolare, ed esegua diligentemente, i servizi e le prestazioni (formazione, assistenza, consulenza etc.) che lo stesso si è impegnato espressamente ad effettuare nel contratto di franchising. L’entry fee e le royalties (o il sovraprezzo di acquisto dei beni) costituiscono appunto il corrispettivo per il franchisor a fronte della concessione al franchisee dell’uso del marchio e dell’erogazione dei servizi previsti nel contratto. Se queste prestazioni non sono stati adempiute da parte del franchisor, allora sorge un diritto del franchisee al risarcimento del danno.
Ogni altro aspetto attinente ad aspetti economici dell’attività del franchisee è giuridicamente irrilevante. In particolare, è giuridicamente irrilevante se i beni che l’affiliato vende alla clientela o i servizi che l’affiliato effettua nei confronti della clientela non abbiano successo sul mercato (per esempio perché hanno un livello qualitativo inferiore a quello della concorrenza, o un prezzo non competitivo, etc.), e conseguentemente l’attività dell’affiliato non è redditizia.
Questi aspetti possono (e devono) essere controllati e valutati dall’affiliato prima di sottoscrivere il contratto di franchising, svolgendo (anche con l’ausilio di consulenti) un’analisi approfondita della rete nella quale ha intenzione di entrare. Una volta che il contratto è stato firmato, se l’attività non va bene non vi è tutela legale per l’affiliato (sempre che il franchisor sia adempiente agli obblighi previsti nel contratto, come si è detto).
3. La L. n. 129/2004: le ragioni per cui non garantisce la tutela adeguata al franchisee
Molti affiliati (o aspiranti tali) ritengono di essere già sufficientemente tutelati dalla legge, cioè dalla L. n. 129/2004 sull’affiliazione commerciale. Ma questo purtroppo è vero solo in parte.
In realtà la legge sul franchising, pur avendo l’obiettivo di garantire, in generale, all’aspirante affiliato una informazione il più possibile completa ed esauriente circa l’affiliazione proposta, imponendo una serie di obblighi precontrattuali al franchisor, non garantisce al franchisee adeguata tutela nei confronti di comportamenti opportunistici, spregiudicati o addirittura truffaldini da parte dei franchisors, purtroppo statisticamente frequenti nella quotidiana prassi del franchising. E questo essenzialmente per due ragioni.
In primo luogo, è una legge molto “scarna”, in quanto si limita sostanzialmente a regolamentare la fase precedente la conclusione del contratto di franchising(cioè gli obblighi informativi del franchisor), ma non prevede (quasi) nulla sul contenuto del contratto, cioè sui diritti e gli obblighi tra le parti.
La regolamentazione del contenuto del contratto è quindi rimessa (quasi) interamente all’autonomia delle parti. Questo non sarebbe un male in sé, se non fosse che, come si è visto, una di esse – cioè il franchisor – è dotato di un potere contrattuale ed economico molto maggiore dell’altra (cioè del franchisee). Ed infatti, nel 99,99% dei casi l’affiliato firma un contratto secondo un modello standard predisposto (solo) dal franchisor, che tutela (tendenzialmente) solo gli interessi di quest’ultimo.
In secondo luogo, le informazioni che la L. n. 129/2004 prevede debbano essere obbligatoriamente fornite all’aspirante affiliato prima della conclusione del contratto spesso non sono sufficienti a consentire a quest’ultimo di avere un quadro sufficientemente approfondito di ciò a cui l’affiliato va incontro aderendo a una rete in franchising e quindi per consentirgli una valutazione approfondita e porlo a riparo da eventuali problemi o raggiri.
Basti pensare che la stessa legge consente al franchisor di sottrarsi ai propri obblighi, evitando di fornire determinate informazioni qualora vi siano “esigenze di riservatezza”; o al fatto che il franchisor è tenuto a fornire informazione solo sul contenzioso che si sia già concluso (il che significa, dati i notori tempi “storici” della giustizia italiana, che molti contenziosi non sono menzionati), e solo negli ultimi 3 anni; o, ancora, che il franchisor non è tenuto a fornire all’aspirante franchisee previsioni circa la redditività della futura attività di quest’ultimo (e quindi i business plan che vengono consegnati non sono vincolanti), e così via.
In definitiva, dunque, la legge sul franchising non tutela a sufficienza l’aspirante affiliato contro possibili rischi. Certo, l’affiliato può e deve affidarsi alla serietà, alla correttezza e alla buona fede del franchisor. Questo talvolta può talvolta essere sufficiente, ma spesso non lo è; anche perché i contratti di franchising sono generalmente infarciti delle clausole onerose di cui ora parleremo.
4. Le clausole “onerose” contenute nei contratti di franchising
I contratti di franchising sono quasi sempre predisposti in modo standard dal franchisor, che quest’ultimo utilizza in modo uniforme all’interno della rete (nel senso che tutti gli affiliati alla stessa rete sottoscrivono con il franchisor contratti tutti uguali, o almeno molto simili tra loro).
Tali contratti contengono generalmente clausole vantaggiose per lo stesso franchisor, e svantaggiose (talvolta anche pesantemente) per gli affiliati. Queste clausole hanno l’effetto di creare un vincolo molto stretto tra affiliante e affiliato, che condiziona notevolmente l’attività di quest’ultimo.
In effetti, il franchisee, pur essendo, come si è visto, giuridicamente un imprenditore autonomo, non è libero di assumere decisioni come lo è normalmente un altro imprenditore commerciale, in quanto il franchisor esercita un controllo molto penetrante sulla sua attività, limitandone fortemente la sua libertà di azione attraverso una serie di clausole contrattuali, quasi sempre inserite nei moduli contrattuali adottati dai franchisor.
Mi riferisco, tanto per fare degli esempi, alle clausole che impongono all’affiliato di:
- adottare un determinato arredamento dei locali del punto vendita;
- acquistare determinati prodotti o servizi esclusivamente dal franchisor o da fornitori autorizzati;
- utilizzare un particolare software gestionale fornito dal franchisor o da suoi fornitori;
- effettuare una determinata pubblicità e/o sostenere determinati investimenti pubblicitari;
- consentire controlli e ispezioni periodiche circa la sua attività;
- praticare determinati prezzi di vendita al pubblico;
- acquistare un determinato minimo di prodotti dal franchisor o dai suoi fornitori;
- concedere la prelazione e/o acquisire il gradimento del franchisor in caso di cessione dell’attività,
etc.
Tali clausole sono, in linea generale, fisiologiche nel franchising, in quanto funzionali a permettere al franchisor di preservare tre valori assolutamente fondamentali nel franchising: l’uniformità della rete, l’immagine commerciale della rete e il know-how. E sono clausole perfettamente legittime sotto il profilo giuridico, anche se vessatorie, se sottoscritte appositamente (come sempre accade), anche perché, come accennato, il franchisee non è un consumatore e quindi non è tutelato dal Codice del Consumo.
Al contempo, tuttavia, le medesime clausole, in quanto fortemente restrittive della autonomia imprenditoriale del franchisee, che tuttavia deve comunque accettarle e conformarsi ad esse, per non andare incontro a responsabilità contrattuale.
E quindi, anche se ad esempio la politica commerciale del franchisor è sbagliata e penalizza l’affiliato, questi – una volta che ha sottoscritto il contratto – non può farci nulla. Lo stesso accade se i prodotti che l’affiliato deve acquistare dal franchisor o dai fornitori autorizzati sono troppo costosi o inutili, o se il software che deve utilizzare è inutile o troppo costoso, o se i prezzi al pubblico sono sempre elevati, etc. Tutto questo può naturalmente penalizzare l’attività dell’affiliato, anche pesantemente, impedendogli raggiungere la redditività che aveva pensato di raggiungere o che gli era stata prospettata.
Si noti che alcune di queste clausole restrittive della autonomia imprenditoriale dell’affiliato possono essere molto pesanti e foriere di conseguenze negative per il franchisee. Pensiamo, tanto per fare un solo esempio, all’obbligo per l’affiliato di acquistare un minimo di prodotti dal franchisor o dai fornitori autorizzati (acquisto dal quale, in quest’ultimo caso, il franchisor ottiene notevoli vantaggi attraverso il meccanismo dei c.d. rebates dai fornitori). Magari all’inizio del rapporto, il minimo di acquisto può non rappresentare un problema per l’affiliato; ma se le condizioni economiche di mercato cambiano, la situazione può rapidamente peggiorare, fino al punto che l’affiliato può non essere più in grado di adempiere all’obbligo di acquisto minimo. A quel punto, il contratto può risolversi, così che l’affiliato si trova a perdere tutti gli investimenti fatti, e a risarcire il danno al franchisor.
5. L’impossibilità per l’affiliato di cessare anticipatamente il contratto e/o di continuare ad esercitare l’attività dopo la cessazione del contratto
Uno dei rischi più rilevanti degli affiliati in franchising è quello di rimanere “intrappolati” nel contratto. Immaginiamo che sia stato stipulato un contratto di franchising della durata di 5 anni, e che nel corso della durata del contratto l’attività dell’affiliato non vada bene, oppure che, per i più vari motivi, l’affiliato non intenda più continuare a far parte della rete, e intenda fuoriuscirne anticipatamente rispetto al termine previsto nel contratto.
Come abbiamo visto un altro contributo generalmente i contratti di franchising hanno una durata abbastanza lunga (minimo 3 anni per legge, in media 5 anni ma anche maggiore) e non prevedono che il franchisee possa recedere anticipatamente dal contratto, e quindi sciogliere il rapporto prima del termine previsto nel contratto (al contrario, il franchisor si riserva quasi sempre nel contratto la possibilità di recedere anticipatamente, così come quella di cedere il contratto a terzi).
In questi casi, il franchisee si trova ad avere due alternative:
- rimanere vincolato al contratto fino alla sua normale scadenza, evitando così responsabilità ma peggiorando inevitabilmente la sua situazione, talvolta fino al collasso definitivo;
- recedere anticipatamente dal contratto, esponendosi così a responsabilità nei confronti del franchisor (almeno in tutti i – numerosi – casi in cui il recesso anticipato non è consentito), ovvero esponendosi al risarcimento dei danni subìti dal franchisor (pari a danno emergente e lucro cessante, oppure al pagamento di una clausola penale ove prevista nel contratto).
Vi è poi una terza via per l’affiliato, quella di concordare con il franchisor lo scioglimento anticipato del contratto. Tale soluzione non è tuttavia sempre percorribile (non sempre il franchisor è infatti disponibile ad un tale accordo, avendo normalmente interesse alla prosecuzione del rapporto per motivi economici), o, quando lo è, è spesso molto onerosa per il franchisee (il quale per riconquistare la propria “libertà” dovrà corrispondere somme ingenti al franchisor, a titolo di risarcimento forfettario del danno).
Vi è poi un rischio in più per l’affiliato. Anche qualora quest’ultimo riesca a sciogliersi anticipatamente dal rapporto, si trova molto spesso ad essere vincolato da un patto di non concorrenza post contrattuale che lo obbliga a non esercitare attività in concorrenza con il franchisor per almeno 1 anno dopo lo scioglimento del contratto.
Questo patto – sul quale ci siamo soffermati in un altro contributo – può essere rappresentare un grosso problema per l’affiliato (ad esempio in tutti i casi in cui l’attività svolta dal franchisee nella rete è sostanzialmente l’unica che lo stesso è in grado di effettuare, o nei casi in cui il franchisee ha sostenuto rilevanti investimenti, che altrimenti andrebbero perduti), spesso risolvibile solo corrispondendo al franchisor ulteriori importi.
E così, anche se il franchisee riesce a fuoriuscire anticipatamente dal rapporto di franchising, tale exit si rivela una sorta di vera e propria Caporetto per l’affiliato stesso.
6. La tutela preventiva degli affiliati in franchising
Quelli che ho appena illustrato sono i principali rischi cui può andare incontro l’affiliato in franchising. Tali rischi spesso non sono risolvibili, o sono risolvibili solo in parte, dopo avere sottoscritto il contratto di franchising. Certo, rivolgendosi (tempestivamente) ad un legale realmente esperto in franchising, l’affiliato può talvolta (non sempre) riuscire venirne fuori in modo accettabile. Ma la vera possibilità di tutela dell’affiliato è di tipo preventivo, cioè prima di avere sottoscritto il contratto di franchising.
Infatti, una volta sottoscritto il contratto di franchising questo molto difficilmente può essere invalidato, trattandosi come si è visto di un contratto tra due imprenditori, rimesso all’autonomia privata (salvo i pochi limiti previsti dalla L. n. 129/2004). E quindi, ad esempio, una volta che sia stata accettata dall’affiliato una delle clausole onerose prima elencate, le stesse restano valide e vincolanti per l’affiliato, ancorché foriere di problemi.
La vera arma a disposizione dell’affiliato è quindi la consulenza preventiva, cioè rivolgersi a un legale esperto in franchising prima di firmare il contratto. Non a caso, la L. n. 129/2004 obbliga il franchisor a consegnare all’aspirante affiliato una serie di informazioni, ivi compreso il contratto di franchising, almeno 30 gg. prima che il contratto possa essere firmato. Il legislatore ha in tal modo messo in conto che il contratto di franchising può essere rischioso per gli affiliati, ed ha quindi previsto un periodo di tempo minimo (che ovviamente l’affiliato può anche prolungare) per consentire all’affiliato di informarsi bene e di farsi assistere da un consulente, in modo da analizzare adeguatamente il contratto che gli viene proposto.
Una consulenza specialistica, effettuata da un legale esperto ,in materia di franchising, è l’unica valida risorsa a disposizione dell’aspirante affiliato, che può consentirgli di scongiurare gran parte dei pericoli e/o di minimizzarne le conseguenze negative. Il legale potrà infatti segnalare all’aspirante affiliato, in fase di analisi preventiva, tutte le clausole rischiose del modello contrattuale proposto dal franchisor, così come tutte le eventuali lacune dello stesso, in modo da consentire all’aspirante affiliato di riequilibrare il testo contrattuale, e renderlo così maggiormente tutelante.
Purtroppo, molto spesso ci si rivolge al legale non soltanto dopo che si è già firmato il contratto di franchising, ma anche dopo che sono insorti i problemi, o addirittura già dopo che è insorta una vera e propria controversia con il franchisor (magari quando è già stato notificato all’affiliato un decreto ingiuntivo). Quando, cioè, è troppo tardi per risolvere adeguatamente i problemi e quando l’unica strada rimasta è quella di un lungo, costoso e spesso inutile contenzioso.
E’ invece opportuno – anzi, indispensabile – che l’aspirante affiliato si rivolga ad un legale specializzato in franchising prima di sottoscrivere il contratto, quando ancora si è in tempo per evitare un’operazione che non fornisca idonee garanzie di serietà, o per predisporre un testo contrattuale equilibrato, e non capestro, per l’affiliato.
Un consulente legale esperto in franchising, è preziosissimo per ogni aspirante affiliato. Ad esempio, il legale potrà chiedere e ottenere le opportune informazioni dal franchisor, non soltanto quelle previste dalla L. n. 129/2004 ma anche (e soprattutto) quelle ulteriori informazioni (non richieste obbligatoriamente dalla legge) di volta in volta opportune in relazione alla specificità dell’affiliazione commerciale proposta.
Inoltre – e soprattutto – può effettuare una approfondita analisi del contratto standard proposto dal franchisor, identificare clausole rischiose o vessatorie e condurre trattative con il franchisor per modificare o, eliminare determinate clausole o introdurre opportune cautele, in modo da pervenire ad un testo finale valido, equilibrato e tutelante per il franchisee.
Un’adeguata formulazione contrattuale, ottenuta anche attraverso l’eliminazione o la riformulazione di clausole pericolose o svantaggiose per il franchisee e l’introduzione di clausole a questi favorevoli, è, infatti, l’unica vera garanzia che consente all’affiliato di impostare un rapporto commerciale proficuo e vantaggioso e di prevenire lunghi e costosi contenziosi.
Avv. Valerio Pandolfini
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Le informazioni contenute nel presente articolo hanno carattere generale e non sono da considerarsi un esame esaustivo né intendono esprimere un parere o fornire una consulenza di natura legale. Le considerazioni e opinioni di seguito riportate non prescindono dalla necessità di ottenere pareri specifici con riguardo alle singole fattispecie descritte. Di conseguenza, il presente articolo non costituisce un(né può essere altrimenti interpretato quale) parere legale, né può in alcun modo considerarsi come sostitutivo di una consulenza legale specifica.