Il patto di non concorrenza post-contrattuale nel franchising
Con il patto di non concorrenza post contrattuale il franchisee è obbligato a non svolgere attività in concorrenza con quella esercitata dal franchisor, per un certo periodo di tempo dopo il termine del contratto di franchising, a prescindere dal fatto che si tratti di concorrenza sleale o meno. La funzione principale di tale patto è quella di tutelare la reputazione e l’identità comune della rete in franchising, impedendo che il know-how e l’assistenza prestata dal franchisor vadano a vantaggio dei concorrenti. Tuttavia, esso serve spesso anche come deterrente nei confronti di una estinzione anticipata del contratto da parte del franchisee, o quale “arma” per convincere il franchisee a rinnovare il contratto, una volta giunto a scadenza. Il patto di non concorrenza post-contrattuale è soggetto alla normativa antitrust europea, la quale prevede precisi requisiti e limiti di validità. In caso di inadempienza a tale patto, il franchisor può chiedere in via cautelare urgente la cessazione dell’attività del franchisee, oltre al risarcimento dei danni. Tale patto può quindi essere molto rischioso per gli affiliati e deve essere attentamente esaminato e valutato con la consulenza di un legale esperto in franchising.
1.Cos’è il patto di non concorrenza post-contrattuale?
Durante il contratto di franchising, l’affiliato è sempre tenuto a non svolgere attività in concorrenza con quella esercitata dal franchisor, o più in generale con quella oggetto della rete in franchising. Tale pattuizione è sempre presente nei contratti di franchising, e in ogni caso, anche qualora fosse assente, l’affiliato non potrebbe comunque svolgere un’altra attività “parallela” a quella che svolge nella rete, poiché ciò sarebbe in contrasto con la finalità del franchising, a prescindere da eventuali atti di concorrenza sleale.
Ma il patto di non concorrenza può essere riferito anche al periodo di tempo successivo allo scioglimento del contratto di franchising: in questo secondo caso si ha appunto il patto di non concorrenza post contrattuale. Con tale patto il franchisee è obbligato a non svolgere attività in concorrenza con quella esercitata dal franchisor, per un certo periodo di tempo dopo il termine del contratto di franchising.
In linea generale, una volta che un contratto di franchising è cessato, per qualsiasi motivo (scadenza naturale, recesso, risoluzione etc.) tutti gli obblighi contrattuali cui era tenuto l’affiliato a loro volta cessano, con alcune eccezioni di solito previste nel contratto stesso (ad esempio gli obblighi di riservatezza). Anche l’obbligo dell’affiliato di non esercitare attività concorrenziale con l’affiliante dunque cessa, a meno che, appunto, nel contratto non sia previsto che tale obbligo prosegua per un certo periodo anche dopo la cessazione del contratto.
Per effetto dell’obbligo di non concorrenza post-contrattuale, dunque, il franchisee non può esercitare attività in concorrenza con quella esercitata nell’ambito del contratto di franchising, a prescindere dal fatto che si tratti di concorrenza sleale o meno. In altri termini, anche se l’attività concorrenziale è svolta dall’affiliato dopo la cessazione del contratto con mezzi leciti (e quindi non si tratta di concorrenza sleale) il patto in questione vieta comunque al franchisee di svolgere tale attività.
Per tale motivo, tale patto deve essere molto attentamente esaminato e valutato dal franchisee prima di sottoscrivere un contratto di franchising (cioè in sede di valutazione della proposta di affiliazione), con la consulenza di un legale esperto in franchising.
2. A cosa serve il patto di non concorrenza post-contrattuale?
Come è noto, il franchising si caratterizza essenzialmente per la trasmissione dal franchisor al franchisee di un complesso di facoltà e diritti (il c.d. franchise package), tra i quali principalmente il know-how. E’ quindi essenziale per il franchisor proteggere e tutelare tale patrimonio di informazioni, non soltanto durante il contratto, ma anche (e soprattutto) dopo il termine del contratto stesso.
La funzione principale del patto di non concorrenza post-contrattuale è appunto quella di tutelare la reputazione e l’identità comune della rete, e di impedire che il know how e l’assistenza prestata dal franchisor vadano a vantaggio dei concorrenti.
In particolare, tale patto serve al franchisor per evitare che il franchisee, dopo la fine del contratto, riacquistando la possibilità di gestire in modo autonomo la propria impresa, eventualmente anche nello stesso ramo commerciale e nella stessa zona in cui operava durante il rapporto di franchising, sottragga all’ex affiliante la clientela con la quale aveva avuto contatti in precedenza, o comunque sfrutti le conoscenze e l’esperienza acquisita nell’ambito della rete in franchising a suo vantaggio, danneggiando conseguentemente il franchisor e l’intera rete.
Tuttavia, frequentemente l’obbligo di non concorrenza post contrattuale ha anche un’altra finalità, indiretta (ma in realtà forse ancor più rilevante); esso serve anche come deterrente nei confronti di una estinzione anticipata del contratto da parte del franchisee, o quale “arma” per convincere il franchisee a rinnovare il contratto, una volta giunto a scadenza.
Infatti il franchisee, sapendo di non poter (legittimamente) esercitare la stessa attività che svolgeva nella rete per un certo periodo di tempo dopo il termine del rapporto con il franchisor, è disincentivato a fuoriuscire dalla rete, e, al contrario, incentivato a rimanervi, magari rinnovando il contratto; ciò soprattutto se ha effettuato elevati investimenti, o non ha possibilità di esercitare attività diverse da quelle svolte quando era parte della rete.
Per tale motivo, il patto di non concorrenza post-contrattuale può essere molto rischioso per l’affiliato, che dunque deve esserne consapevole prima di firmare il contratto di franchising, ricorrendo alla consulenza di un legale esperto in franchising.
3.Quali sono i limiti di validità di un patto di non concorrenza post-contrattuale?
Come l’esclusiva, anche il patto di non concorrenza non è un elemento essenziale del contratto di franchising, cioè non è automaticamente inserito nel contratto, e quindi deve essere espressamente previsto nel contratto per essere operante tra le parti.
Diversamente da quanto spesso si ritiene, non è richiesto per la validità di un patto di non concorrenza il pagamento di un corrispettivo in favore del franchisee. Il che naturalmente non vieta che, nell’economia generale del contratto di franchising, si tenga conto di tale patto, ad esempio in relazione all’esclusiva o alle royalties che devono essere corrisposte dal franchisee.
E’ invece richiesta per la validità del patto la specifica sottoscrizione da parte dell’affiliato, ai sensi degli artt. 1341 e 1342 del Codice civile, trattandosi di clausola vessatoria inserita nelle condizioni generali di contratto predisposte dal franchisor.
Il patto di non concorrenza è regolato dall’art. 2596 del Codice civile, il quale prevede che esso può avere una durata massima di cinque anni e deve essere circoscritto ad una determinata zona o a una specifica attività. Tuttavia, secondo la giurisprudenza prevalente l’art. 2596 c.c. non si applica agli accordi tra soggetti che operano a diversi livelli della linea concorrenziale (c.d. accordi verticali), come appunto accade nel franchising. Di conseguenza, un patto di non concorrenza inserito in un contratto di franchising non è soggetto ai limiti previsti dall’art. 2596 C.c..
Ciò tuttavia non significa che le parti (e in particolare il franchisor) sono libere di disciplinare il patto di non concorrenza nel contratto come preferiscono. Poiché infatti tale pattuizione produce l’effetto di comprimere la libertà di iniziativa economica dei contraenti, essa è soggetta alla normativa antitrust europea.
Il Regolamento CE n. 330/2010, prevede infatti che un patto di non concorrenza post-contrattuale è valido solo se:
- è necessario per la protezione del know how del franchisor;
- si riferisce a beni o servizi in concorrenza con quelli oggetto del contratto di franchising;
- è limitato alla zona in cui il franchisee ha operato durante il contratto;
- non ha durata superiore a un anno dopo il termine del contratto.
4.Il contenzioso derivante dai patti di non concorrenza post-contrattuali
I patti di non concorrenza post-contrattuali sono spesso fonte di contenzioso, in quanto l’affiliato – che spesso non si era reso conto dell’esistenza di tale obbligo al momento della sottoscrizione del contratto – si ritrova, al termine del rapporto, privato della possibilità di esercitare l’attività che svolgeva in precedenza quando era parte della rete, magari l’unica che è in grado di svolgere o per la quale ha sostenuto ingenti investimenti; per tale ragione, l’affiliato cerca di contestare la validità del patto, in modo da non essere troppo danneggiato.
Se il patto di non concorrenza post-contrattuale è valido (cioè è stato inserito nel contratto rispettando i requisiti sopra indicati), qualora l’affiliato eserciti attività in concorrenza dopo lo scioglimento del contratto il franchisor può tutelare efficacemente i propri interessi promuovendo un ricorso d’urgenza i sensi dell’art. 700 c.p.c., con il quale può essere ottenuto dall’Autorità Giudiziaria, in tempi rapidi, un provvedimento inibitorio, cioè un ordine all’ex affiliato di cessare l’attività concorrenziale dallo stesso effettuata.
Inoltre, il franchisor può ottenere il risarcimento dei danni subiti per effetto dell’attività in concorrenza esercitata dall’ex franchisee. Tale risarcimento (per ottenere il quale occorre invece una causa ordinaria, con i relativi tempi lunghi), essere notevolmente facilitato, dal punto di vista quantitativo, dall’inserimento nel contratto di un’apposita clausola penale, ricollegata alla violazione dell’obbligo di non concorrenza.
Occorre evidenziare che generalmente i patti di non concorrenza post contrattuale vengono redatti in modo da coprire anche le attività concorrenziali che l’affiliato possa eventualmente svolgere anche indirettamente (oltre che direttamente). In questi casi, l’affiliato non può esercitare attività in concorrenza non solo direttamente (cioè in prima persona) ma neppure avvalendosi di soggetti che siano comunque collegati alla sua persona (ad esempio società in cui sia socio o svolga attività lavorativa, soggetti a cui sia legato da rapporti familiari, etc.).
E’ quindi indispensabile in questi casi valutare quali possano essere gli effettivi rischi per l’affiliato in caso di inadempienza ad un patto di non concorrenza post contrattuale, rivolgendosi ad uno studio legale specializzato in franchising.
Avv. Valerio Pandolfini
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