Quando è il franchisor a fare causa all’affiliato
Contenzioso: i due motivi per cui è meglio che sia l’affiliato a fare causa per primo
Molto spesso non è l’affiliato ad iniziare un contenzioso nei confronti del franchisor, ma, viceversa, è il franchisor a fare causa all’affiliato.
Chi ha letto i precedenti articoli avrà capito che questa situazione andrebbe assolutamente evitata: prima di tutto perché, in generale, il contenzioso nel franchising non è quasi mai lo strumento idoneo a risolvere i problemi degli affiliati (anzi, spesso crea più problemi di quanti ne risolva).
Ma poi perché, se vi sono gli estremi di un contenzioso, è opportuno che sia l’affiliato a decidere di fare causa per primo. E questo per due motivi ben precisi:
- per ragioni di tipo tecnico-processuale (che ovviamente non è possibile spiegare approfonditamente in questa sede): se l’affiliato subisce un contenzioso ha delle difficoltà in più a prevalere in causa contro il franchisor (cosa che già di per sé non è semplice); si pensi al caso in cui all’affiliato venga notificato un decreto ingiuntivo dal franchisor, ed ai rischi che il decreto venga dichiarato provvisoriamente esecutivo durante la causa di opposizione, anche se l’affiliato ha “ragione” (ma non ha prove documentali contro il franchisor).
- perché in questo modo l’affiliato ha tutto il tempo necessario per predisporre in modo accurato l’atto introduttivo della causa (che deve essere redatto molto attentamente dal legale) ed ha, soprattutto, per raccogliere ed esporre le prove contro il franchisor; ricordiamoci che, come sempre accade nei processi, se l’affiliato non è in grado di dimostrare le proprie (buone) ragioni, perde comunque la causa!
E nel caso in cui l’affiliato faccia precedere il franchisor nel contezioso?
Ma torniamo invece all’ipotesi in cui l’affiliato di faccia “precedere” nel contenzioso dal franchisor. Anzitutto, mai (o quasi mai) una causa viene iniziata dal legale del franchisor senza che questi non invii almeno una lettera di diffida all’affiliato.
Ebbene, in questo caso l’affiliato, lungi dal mettere la lettera di diffida ricevuta “nel cassetto”, deve rivolgersi subito al proprio legale di fiducia. E’ infatti molto importante controbattere tempestivamente alla lettera di diffida, argomentando le ragioni in favore dell’affiliato (sempre che ovviamente ve ne siano: ma spesso ve ne sono). Se poi è l’affiliato ad avere a sua volta pretese contro il franchisor (ad esempio di tipo risarcitorio), questo è il momento opportuno per avanzarle.
Rispondendo in modo tempestivo e ben motivato alla lettera di diffida, infatti, il legale dell’affiliato è spesso in grado di riuscire a bloccare il contenzioso ed a raggiungere un accordo con il legale del franchisor, soddisfacente per l’affiliato, evitando una causa che potrebbe essere lunga, rischiosa e costosa. L’accordo dovrà essere poi formalizzato con una scrittura privata.
Sì perché un accordo tra le parti deve essere comunque raggiunto e formalizzato per evitare un contenzioso! Spesso invece si pensa erroneamente che, una volta che il legale dell’affiliato abbia inviato la lettera di risposta al legale del franchisor, se quest’ultimo a sua volta non replica e la faccenda “muore lì”, il problema è risolto; falso! Se non si raggiunge un accordo, è infatti possibile che, magari a distanza di anni, il legale del franchisor si faccia di nuovo vivo, questa volta notificando un atto giudiziario all’affiliato!
Ipotizziamo poi che non venga raggiunto un accordo. In questo caso è comunque opportuno, come si è detto prima, che sia l’affiliato ad iniziare il contenzioso. E se invece lo inizia per primo il franchisor? Per esempio, notificando un ricorso per decreto ingiuntivo all’affiliato?
Anche in questo caso, e a maggior ragione, l’affiliato deve letteralmente “correre” dal proprio legale di fiducia. Infatti, vi sono dei tempi processuali ben precisi, e di solito piuttosto brevi, per difendersi; ad esempio per opporsi ad un decreto ingiuntivo vi sono 40 giorni dalla notifica (e talvolta meno). E approntare un “buon” atto difensivo richiede tempo, quindi non un giorno va perso.
Sì perché il legale dell’affiliato avrà bisogno di tempo, non solo per redigere l’atto difensivo (il che implica ricostruire i fatti, capire come si sono svolte le cose, leggersi magari decine di mail o di lettere che si riferiscono ad un rapporto durato anni, etc.), ma anche e soprattutto per raccogliere e dispiegare le prove a favore dell’affiliato, sia documentali che testimoniali. Repetita iuvant: se l’affiliato non dimostra al giudice di avere ragione, il giudice non gli darà ragione!
E’ evidente da quanto sopra che per l’affiliato che venga “trascinato in causa” dal franchisor – o, ancor prima, rischi di essere trascinato, ricevendo una diffida – è essenziale poter contare su un legale non soltanto onesto e scrupoloso, ma anche (e soprattutto) esperto in franchising. In questi casi è infatti essenziale che il legale conosca le dinamiche, spesso non semplici, del franchising, per riuscire a renderle chiare ed esplicite al giudice.
Non dimentichiamo che generalmente è più semplice per un legale assistere un franchisor (il quale spesso si limita a depositare delle fatture per il recupero del credito) di quanto non sia assistere un affiliato; nel secondo caso infatti occorre capire bene le dinamiche interne di un rapporto spesso complesso come il franchising, ricostruire vicende intricate che si sono articolate nel corso di anni, riuscire a dimostrare al giudice che le cose non si sono svolte come il franchisor pretende. E tutto questo, solo un legale specializzato nel franchising è in grado di farlo.
Avv. Valerio Pandolfini
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